Wright è un regista davvero imprevedibile, e le sue collaborazioni con Simon Pegg e Nick Frost lanciano l’indicatore ai confini dello slapstick contemporaneo. “Post-moderno”? Per quanto goffo sia, è il termine più adatto per descriverlo, almeno fra quelli d’uso comune: Wright tratta la parodia come fosse commedia brillante, e le inietta una dimensione di genere (horror in “Shaun”, action/fantasy in “Hot Fuzz”e qui puramente sci-fi) che trasforma del tutto il materiale originale, rispettato nelle regole e nella “dignità” ma carne da macello per l’umorismo british del trio. Gli spassosissimi film di Wright sono entertainment ponderato e allo stesso tempo sovversivo.
Persino Woody Allen di rado è stato così platealmente caustico sulla natura umana.
Ed è tutto ciò che da una direzione precisa non solo a questo, ma a tutti i film della trilogia del Cornetto: sono coni da osservare in una sola direzione, quella dal vertice alla base. Da un realismo da commedia stretto e angusto, all’impossibile orizzonte degli eventi che scruta impietoso il fatto che esistiamo in un contesto e ogni nostra azione ha conseguenze. Riguardare, ri-consumare i film di Wright significa trovare inevitabilmente nuovi strati di senso a quell’unico destino più che certe asperità e incompletezze di scrittura: le scelte iperboliche (se vogliamo discutibili in termini di coerenza narrativa), come quelle delle coreografatissime risse da bar tra ubriaconi e alieni, rafforzano la sensazione di essere saliti su un treno che avanza velocissimo verso una consapevolezza che appartiene a tutti – e su cui si può essere in completo disaccordo. Ridere, a volte, fa davvero male.
Paolo d’Alessandro, “Ondacinema.it”