Quella che è stata definitiva l’esempio più calzante di “commedia perfetta” della storia del cinema: il grande capolavoro di Ernst Lubitsch!
Il miglior film dell’anno è del 1942: magnifica l’idea di Vieri Razzini e della sua Teodora Film di distribuirlo nelle sale in versione digitale restaurata e rimasterizzata.
Realizzato nel 1942 per la United Artists, To Be or Not to Be (Vogliamo vivere) è una “black comedy” ambientata a Varsavia nel 1939, anno dell’invasione nazista in Polonia. Si tratta del primo soggetto originale affrontato da Lubitsch, nato da una sua idea personale e particolarmente sentito a causa delle persecuzioni contro i suoi correligionari. All’uscita il film suscitò peraltro un coro di feroci critiche dovute principalmente alla scelta di trattare un tema così drammatico, come la guerra e il nazismo, in forma di commedia comica, le stesse critiche sollevate un paio di anni prima contro Chaplin ed Il Grande Dittatore. Ma alla ristretta e ipocrita mentalità dell’epoca e del luogo Lubitsch oppose sempre il proprio tipico stile allusivo: le azioni svolgentisi al di fuori dell’inquadratura, i dialoghi ricchi di doppi sensi, il ricorrente significato simbolico attribuito ad alcuni oggetti, tutto questo è il risultato della traduzione in tecnica cinematografica di una diversa morale, di un diverso sguardo verso le cose del mondo.
L’aristocratico distacco, la sfacciata eleganza formale che ammanta ogni allusione, anche la più esplicita, costituiscono, a mio avviso, assieme ad una raffinatissima perizia tecnica, i più significativi elementi di modernità dell’opera di Lubitsch e costituiscono il noto “Lubitsch touch”.
Una direzione perfetta, interpretazioni scintillanti che impreziosiscono una sceneggiatura infallibile, tra dialoghi scoppiettanti e battute allusive, To Be or Not to Be regge perfettamente la prova del tempo grazie alla perfetta alchimia dei componenti, tenuti assieme dalla divertita eleganza di Lubitsch che trova sempre un delicato equilibrio tra slapstick e sophisticated-comedy. Battute entrate ormai nel mito: “Tura tratta Shakespeare come noi (i nazi) trattiamo la Polonia”, situazioni allusive e ammiccanti, e duetti da antologia come quello, esilarante, tra Jack Benny e il gigantesco caratterista Sig. Ruman, un momento magico di divertita leggerezza con cui Lubitsch, solo per un attimo, riesce a farci credere che gli orrori del mondo, la guerra, la brutalità, la stupidità, possano essere sconfitte con una battuta salace ed una risata.