“Questo è un film che vi farà bene: al cuore, alla pressione. E anche all’anima. Vi farà sentire meglio: più leggeri, più felici, forse anche più liberi. Perché è un film generoso, <Visages Villages>, disinteressato, pieno di improvvisa (e a volte imprevedibile) umanità: un anti depressivo naturale, un film (bio)etico e privo di additivi che con sguardo orizzontale e realmente partecipato si mischia alla gente comune abbracciandone la non consunta dignità per cogliere di quei tutti e di quei nessuno – in una società che li ha dimenticati o forse mai compresi – l’autentica, gigantesca, grandezza.
E’ il frutto della collaborazione tra una regista outsider quasi 90enne dal bizzarro parrucchiere e un fotografo hipster di anni 35 che non si separa mai dai suoi occhiali da sole, il documentario (ma non gli si rende giustizia a definirlo così) più bello dell’anno: un viaggio nella Francia rurale, tra i nascondigli della poesia e della bellezza. Quello che fanno, a bordo di una macchina fotografica con le ruote, Agnès Varda, fresca di Oscar alla carriera, e JR, geniale street artist famoso per le sue immagini in bianco e nero grandi come palazzi. Mossa dall’entusiasmo e dal caso (<il migliore dei miei assistenti>, dice lei), la strana coppia vaga, con commozione e ironia, per incontrare l’ultima abitante di un paese di minatori, ex operai, bariste dal sorriso contagioso: volti (e villaggi) da trasformare in ritratti di enorme attualità, da rendere unici come quelle case e quei muri che li ospitano.
Scorci usciti per sempre dall’anonimato che costellano un film di una bellezza incapace di offendere, perché condivisa, vitale, piena di grazia. Non lo sapete e forse nessuno ve lo dirà: ma di <Visages villages> non potete fare a meno.” www.ombremosse.com
”I francesi lo definirebbero un film jubilatoire, che mette allegria e gioia. Noi italiani possiamo aggiungere radioso, etereo, brioso, esultante. Perché Visages Villages, che la Cineteca di Bologna ha meritoriamente distribuito in Italia dopo gli applausi ricevuti a Cannes (e la nomination agli Oscar), non è solo un film, un bel film, ma anche una specie di esperienza totale, psicologica e mentale, capace di trasmetterti quella gioia e quell’allegria che animano il film e i loro due autori e interpreti, la regista Agnès Varda e il fotografo JR.
La trama è riassunta perfettamente nel titolo: volti e villaggi. Curiosi l’uno dell’altra, JR e Agnès Varda hanno deciso di mettersi in viaggio per la Francia e cercare persone e situazioni da riprendere e fotografare con la tecnica che ha reso celebre il fotografo franco-tunisino: riproduzioni ingigantite di uomini e donne da incollare sui muri. Una pratica che JR ha sperimentato in giro per il mondo, anche in Italia a Napoli sui marciapiedi della passeggiata a mare, ma che con gli interventi della Varda guadagna un più di senso, perché iscritto in una più coerente riflessione sul rapporto tra l’immagine e la sua fruizione, tra la persona e l’ambiente, tra l’arte e i luoghi dove può essere esposta. Oltre che un più di divertimento, visto che il senso più profondo del film va cercato proprio nel legame che unisce due persone così distanti e che le fa vicendevolmente reagire. Perché quello che è il «tradizionale» percorso dell’arte contemporanea, preoccupata di rompere i confini della fruizione «esponendo» le proprie opere dove non ti aspetti di vederle e coinvolgendo in maniera sempre più diretta il pubblico così da abbattere le barriere tra oggetto e fruitori, diventa in Visages Villages qualcosa di diverso e, appunto di, jubilatoire.
La differenza d’età tra i due sembra svanire – quando ha girato il film la regista Agnès Varda aveva ottantotto anni, il 30 maggio di quest’anno ne compirà novanta; JR ne aveva trentatré, ne ha festeggiati trentacinque a febbraio) – anzi chi ha più energie sembra proprio lei perché ha saputo mantenere la stessa curiosità e lo stesso entusiasmo che l’hanno guidata per tutta la sua vita da regista: «Il caso è sempre stato il migliore dei miei assistenti» spiega, a ribadire un’idea di cinema che è disposta a confrontarsi continuamente con la realtà e da quella ricevere stimoli e suggestioni. È l’esprit de liberté che i registi della Nouvelle Vague avevano teorizzato e messo in pratica e da cui lei, antesignana di quella rivoluzione, si era fatta guidare per i suoi film, La Pointe-Courte, Cléo dalle 5 alle 7, Les Creatures, Senza tetto né legge fino agli ultimi lavoro a cavallo tra documentario, finzione e riflessione.” Paolo Mereghetti, Corriere della sera.
Il trailer del film: