Un piccolo colpo al cuore quello sferrato dalla regista giapponese Naomi Kawase al pubblico del festival di Cannes. Il suo nuovo film, An, a un anno di distanza da Still the Water che rischiò di vincere premi importanti sulla Croisette, è un gioiello, forse il suo film migliore: racconta il rapporto tra il proprietario di un chioschetto di dolci tipici e una vecchietta malandata, ma eccellente nella preparazione di quei dolci e molto desiderosa di lavoro e contatto umano. Un rapporto che la scoperta del passato della signora renderà ancora più stretto.
Guarda al cinema classico del Sol Levante Kawase, agli insegnamenti di Ozu, e realizza una commovente riflessione sulla vecchiaia e l’avvicinamento alla morte, ma anche su quanto il progresso civile e sociale possa essere direttamente proporzionale al regresso umano: Kawase mostra una vicinanza ai suoi personaggi stupefacente che si amplia fino a diventare empatia prima con le materie prime necessarie per la preparazione dei dolci (la pasta di fagioli rossi che dà il titolo al film) e poi con la natura. Forte di una straordinaria delicatezza di respiro, la regista tira fuori dagli attori, Kirin Kiki in primis, una verità sorprendente. E dagli spettatori più di una lacrima sincera.
“Scordatevi Masterchef, dimenticate i cinepanettoni, sparecchiatevi dagli occhi il foodporn di Instagram: qui il cibo è, ancora, dell’anima. Ce lo porta in sala la nipponica Naomi Kawase, regista ultrasensibile, mai così accessibile: ‘Le ricette della signora Toku’ sta dalle parti del ‘Pranzo di Babette’, ‘Tampopo’ e pochissimi altri per come impasta magistralmente cinema e cucina, empatia e gusto. (…) Gli interpreti sono eccelsi (Kirin Kiki può tutto), le immagini respirano delicatezza, ma la carezza in un pugno arriva uguale: emarginazione e malelingue, questi sono i mali contro cui lotta Kawase. Più che un film, ‘An’ è un medicinale salvavita: non perdetelo.” (Federico Pontiggia, ‘Il Fatto Quotidiano’, 10 dicembre 2015)
“(…) nel gran bel film ‘Le ricette della signora Toku’ (…) la nevrosi lascia il posto alla poesia e l’aggressività di noi occidentali viene sostituita da una struggente meditazione zen sulle ferite del passato. Grandissima la 70enne veterana Kiki. Mai visti fagioli così raffinati al cinema.” (Francesco Alò, ‘Il Messaggero’, 17 dicembre 2015)
IL TRAILER DEL FILM