Giovedì 07 Febbraio proietteremo “Lourdes”, diretto da Jessica Hausner e interpretato da Sylvie Testud, attrice vincitrice dell’ European European Film Awards 2010.
È stato presentato in concorso alla Mostra del cinema di Venezia 2009 dove, oltre a ricevere il premio FIPRESCI, è riuscito nel sorprendente risultato di essere premiato sia dall’Organizzazione cattolica per il cinema (Premio SIGNIS) che dall’Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti (Premio Brian).
TRAILER:
TRAMA:
Christine è una giovane donna costretta sulla carrozzella dalla sclerosi multipla. Rassegnata alla sua condizione di ‘ferma’, partecipa a un pellegrinaggio a Lourdes, con la speranza di riacquistare un po’ di fiducia nella vita. Sorride sempre, cerca la conversazione con i piacenti giovani volontari dell’organizzazione, si appiglia all’espressività del volto, l’unica parte del corpo che riesce a muovere. Alla gita spirituale partecipano malati nel fisico e nella mente, tutti parte di un micro mondo abituato alla solitudine e scivolato nell’individualismo.
RECENSIONE:
Jessica Hausner riesce ad andare oltre il corretto esercizio di stile, infondendo al proprio film una tessitura emotiva tra i personaggi quasi impalpabile, capace però di disperdere la pericolosa programmaticità potenziale della pellicola in piccole sotto-trame fatte di relazioni abbozzate, desideri e paure esistenziali sostanzialmente esterne a un qualsiasi teorema etico-religioso. Lourdes, a dispetto del tema affrontato, è in realtà un film profondamente laico, attaccato a personaggi legati tra loro in un contesto sociale sotterraneamente violento e alienante, dettato da un uso claustrofobico degli interni ricorrente nella filmografia della regista austriaca. Qui l’attesa del miracolo e la rappresentazione oggettiva del rituale assumono il tratto della testimonianza, della registrazione esterna, per certi versi entomologica, senza però una viscerale ricerca del sacro e della carne. E’ anzi ricca di sospensioni quasi rarefatte l’opera della Hausner, che non lesina lunghi piani sequenza a macchina fissa, né il ritorno a un uso dello zoom spesso lento e insistito che sembra quasi voler immortalare brevi istanti ipnotici in cui i personaggi guardano in fuori campo. E’ infatti tutto in un altrove in-filmabile – che sia la fede, il miracolo o la felicità cantata dalla Seydoux nel bellissimo e ambiguo finale – che Lourdes formula la sua amara riflessione sul dolore e sulla distanza tra gli esseri umani, in attesa di un segno che di per sé è già negazione.
Carlo Valeri – Sentieri Selvaggi.it